
nessun calo anzi, i dati “ufficiali” tengono conto solamente degli iscritti inail:
2015: 187
2016: 191
2017: 197
2018: 205
2019: 209
2020: 147 (non sono conteggiati i decessi causati dal covid-19 contratto nei luoghi di lavoro)
2021: 184
2022: 204
2023: 231 (il 31 marzo erano 161)
(Fonte: Osservatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli Iadanza)
E si ricordi anche che i morti per malattia professionale sono centinaia ogni anno. Basta pensare ai decessi per malattie dovute all’amianto (uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, riferito al periodo tra il 2010 e il 2016, calcola che siano almeno 4.400 ogni anno)
uno su ottanta, gli altri… indifferenti
Più di un anno fa, il PCI della federazione di Varese lanciò, partendo da Gallarate, la campagna di sensibilizzazione sul riconoscimento del reato di omicidio sul lavoro, con la richiesta alle amministrazioni comunali di istituire una commissione di lavoro tra amministrazione comunale, parti sociali, Inail e ispettorato del lavoro atta allo studio di programmi di intervento e controllo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro del territorio con l’obiettivo di investire in tecnologia rivolta a evitare incidenti e malattie dove si lavora, che si promuova vera formazione, che ci siano sanzioni reali per chi non adempie alle regole, che si istituisca, in ultima analisi, il reato di “omicidio sul lavoro”.
Nei luoghi di lavoro ci si infortuna, ci si ammala, si continua a morire in un crescendo che non ha nulla di normale. Evidentemente, ostentando una sostanziale indifferenza, in troppi credono esistano cose più importanti della salute e della vita di chi lavora ritenendo sufficiente qualche dichiarazione con frasi convenzionali fini a sé stesse utili a “lavarsi” la coscienza.
Le morti sul lavoro sono troppe per poter pensare che sia solo tragica fatalità, distrazione o, forse, qualcosa per la quale non deve esistere né responsabilità né colpevolezza. I responsabili e i colpevoli, invece, esistono eccome. Solo che, spesso se non sempre, non vengono puniti anche a causa di una legislazione “morbida” e di una giustizia “lenta” che garantiscono impunità e prescrizione.
Invece di aumentare le spese militari, invece di dilapidare i nostri soldi in armi e guerre, si spendano le risorse necessarie perché il lavoro sia effettivamente sicuro, meno faticoso, giustamente retribuito. Così come è scritto nella nostra Costituzione.
Dopo Gallarate il PCI ha protocollato la medesima richiesta, in altri 80 comuni della provincia di Varese, ad oggi, solo un comune ha risposto con un atto formale, il Consiglio Comunale di Somma Lombardo, un comune della provincia di Varese con poco più di 17.000 abitanti che non è indifferente al dramma degli omicidi sul lavoro, un punto di partenza, un esempio da seguire.
Naturalmente la stampa locale tace, e come gli altri comuni interpellati evidentemente non sono interessati, i morti sul lavoro sono una normalità al massimo un “danno collaterale” di quel conflitto capitale-lavoro che troppi si ostinano a non considerare.
Noi riteniamo che garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sia una questione assolutamente prioritaria che si deve affrontare e risolvere in maniera decisa.
In assenza di una risposta istituzionale è necessario agire come cittadini coscienti, certi che la soluzione debba essere ricercata da chi il problema lo vive ogni giorno sulla propria pelle.