Lavorare meno lavorare tutti: la crisi che passa anche dentro la Svizzera.

Lavorare meno lavorare tutti: la crisi che passa anche dentro la Svizzera.

di Cosimo Cerardi

Segretario Provinciale PCI Federazione di Varese

Qualche mese fa, a settembre, in un telegiornale elvetico si sono viste in fila, in alcune importanti città Svizzere, persone pronte a prendere un sacchetto offerto da associazioni caritatevoli, lo speaker televisivo ben si prodigava a commentare quel che stava succedendo nella piccola ed opulenta Confederazione Elvetica.

A pochi passi da Varese, nel Canton Ticino il Corona virus si è manifestato con una inaspettata virulenza, il primo aspetto di ciò è stato una perdita secca di lavoro e conseguentemente di reddito per il lavoratori, per questo si è assistito ad un incremento esponenziale della richiesta di pasti gratuiti dei lavoratori.

Infatti, il primo effetto è stato la decurtazione, da parte dei datori di lavoro, di una misura importante dell’indennità di lavoro, una decurtazione che in alcuni casi arriva al 20% dello stipendio. Considerando che vi sono diverse trattenute assicurative, la riduzione raggiunge il 25%, il “25% in meno di entrate al mese”, “un indice”, questo che ci spiega molto di una situazione che diventa sempre più di difficile sopportazione per i lavoratori, così commentava Gian Giorgio Gargantini sindacalista  dell’Unia Ticino e Moesa (sindacato svizzero), il sindacalista, in prosecuzione, evidenziava la necessità, da parte dello stato Elvetico, di un intervento significativo dello stato atto a compensare il salario dei lavoratori in conseguenza di questa riduzione degli stipendi dei lavoratori.

Secondo una statistica, prodotta dall’Unia quasi la metà delle persone dal lavoro colpito dalla riduzione è impiegata in settori professionali caratterizzati da bassi salari.

Per questa ragione Unia e le altre sigle sindacali del Canton Ticino, a fine agosto, hanno consegnato alla Cancelleria federale una petizione sottoscritta da oltre 20mila cittadini in cui si chiede esplicitamente l’intervento compensativo da parte della Confederazione, soprattutto per i lavoratori più vulnerabili dal punto di vista economico.

Altra questione che deve essere considerata  in questo contesto, è dato dall’aumento delle spese assicurative per i lavoratori, infatti, vi è stato  un ulteriore  aumento dell’1%  a carico dei lavoratori delle casse malattie, un costo che andrà a gravare pesantemente su molte famiglie che a causa del Coronavirus avranno a disposizione meno reddito (i premi assicurativi rappresentano in media il 6,2% delle spese della famiglie svizzere), perciò la necessita di un intervento dello stato capace di riequilibrare in senso solidaristico questa drastica riduzione del reddito lordo dei lavoratori.

Mentre per quel concerne le imprese  si sta assistendo ad un abuso nell’uso dell’Indennità di lavoro ridotto (finanziamenti da parte dello stato elvetico alle imprese che causa della crisi hanno ridotto la loro attività produttiva/lavorativa). Spesso ciò si presenta come un furbesco stratagemma utilizzato dalle imprese  per drenare denaro pubblico, denaro che in questo modo viene sottratto alle spese sociali.

I lavoratori d’altronde si guardano bene a denunciare tutto ciò  per non avere ritorsioni, l’emergenza Covid li ha resi ulteriormente ricattabili, anche se gli organismi sindacali in diverse circostanze hanno messo il dito nella piaga denunciando gli abusi della parte padronale di strumenti compensativi economici che dovevano essere destinati ai salari  dei lavoratori e al lavoro in generale e non regalati  al profitto delle imprese.

Infatti, le parti sindacali,  si chiedono come si potrà continuare a reggere una situazione di crisi se queste risorse pubbliche continueranno ad essere sprecate ad uso e consumo dell’impresa?

In questa situazione, sempre per i rappresentanti dei lavoratori, sarà complicato chiedere   un aumento del budget pubblico da destinare ai sussidi di disoccupazione anche a fronte all’aumento della quantità di disoccupati che nel Canton Ticino nel giro di un mese è passato dal 3,3% al 3,4%, si paventa, a breve, per i sindacati svizzeri, il rischio di non reggere nel momento in cui l’ondata pandemica arriverà al culmine.

Ma se questa è la situazione del lavoro generalizzata in terra elvetica, per i lavori interinali, o a contratto su chiamata o a durata determinata è già un disastro, soprattutto per chi non ha maturato 12 mesi di lavoro nell’arco di 2 anni, per loro qualsiasi assistenza reddituale (disoccupazione) non potrà essere aperta.

E’ quasi scontato, a questo punto sottolineare, che le condizioni dei lavoratori italiani frontalieri del Canton Ticino (più di 66.000) andranno a peggiorare, da qui la necessità di accordi sindacali ed autorità centrali- regionali capaci di reggere una situazione che rischia di far collassare tutto il comparto lavorativo del lavoro della zona sub alpina lombarda, il problema è che, soprattutto da parte delle autorità regionali nessuna presa di posizione in tal senso, ma questa, e i comunisti del PCI varesino lo sottolineano, da il senso della incapacità da parte del centro destra, ed anche dal centrosinistra lombardo, di assumersi conseguentemente responsabilità in nome dell’interesse dei lavoratori, spetta a noi comunisti il compito di rappresentare questo mondo che rischia di essere salassato dalla pandemia e buggerato dalle attuale oligarchie economiche che hanno in mano il potere politico regionale e nazionale.

Lascia un commento